CINGOLANI MARCO

 

Marco Cingolani è nato nel 1961 a Como. Trasferitosi nel 1968 a Milano giovanissimo, comincia a frequentare l’ambiente underground della città.  Marco Cingolani, nei suoi lavori intende annullare il potere precettistico delle immagini mediatiche, sottoponendole al trattamento radicale dell’artista, consapevole che l’arte offra un punto di vista importante per l’interpretazione del mondo.  In questo contesto nascono le opere delle Interviste, dove personaggi famosi per la loro riservatezza vengono sommersi dai microfoni; sono famose le serie di opere dedicate all’Attentato al Papa e alla vicenda di Aldo Moro. Partecipa a diverse mostre collettive, tra le quali: Una scena emergente (1991, Museo Pecci, Prato) e Due o tre cose che so di loro (1998, PAC, Milano). Partecipa a mostre antologiche presso prestigiose istituzioni pubbliche quali Palazzo Strozzi a Firenze e Promotrice delle Belle Arti di Torino. Nel novembre 2006 partecipa alla rassegna collettiva “Senza famiglia”, nel Palazzo della Promotrice delle Belle Arti di Torino. Nel 2007 Marco Cingolani espone alla Galleria Emilio Mazzoli con la mostra “Di che colore sono?”, le opere esposte esprimono le riflessioni pittoriche sul colore del Potere e dei suoi travestimenti. Nell’arte di Marco Cingolani c’è il passaggio da cronaca a storia e viceversa. Nel 2009 Marco Cingolani, espone una serie di opere dedicate alle apparizioni mariane protagoniste degli ultimi secoli: Lourdes e Fatima. Nel lavoro di Marco Cingolani il colore non conta come valore simbolico, ma per le sue capacità strutturali. È la capacità del colore di costruire, da solo o in determinate combinazioni, l’immagine che interessa all’artista. È dalla sua abilità nel trattarlo che con ingenuità giudichiamo la nascita di una particolare serie, oppure per una nostra predisposizione personale nei confronti di certi colori. Marco Cingolani non ha bisogno di una lettura simbolica, un accorpamento soggetto-oggetto, semplicemente perché sappiamo che a lui piace nominare le cose, dare dei titoli alle sue opere. Allora varrebbe la pena di chiedersi: come s’intitolano questi cubi e perché riportano delle fessure in cima? I titoli sono ‘’Urna elettorale’’ e ‘’Raccolta fondi’’ e, infatti, proseguendo nella visita alla sua nuova mostra modenese ci rendiamo conto che l’artista ha scorporato la presenza ottica dai propri quadri facendola diventare materiale. Gli oggetti che in un primo momento sembrano misteriosi, diventano del tutto famigliari quando li rivediamo dipinti al centro della serie che porta il titolo di ‘’Election Day’’. In questi quadri notiamo lo stesso sovraffollamento tipico di altri lavori dell’artista, lo stesso ammassarsi di persone che si nota nelle ‘’Interviste’’, ad esempio. In ‘’Election Day’’ la gente affolla intorno ad una scatola per inserire le proprie preferenze elettorali e affidarle successivamente al computo generale. In realtà si tratta di una scena che non esiste nella vita reale, perché le elezioni vengono svolte con un certo ordine e difficilmente troveremo una folla di elettori che circonda l’urna uscendo dalla cabina elettorale. Cingolani è un artista che procede per sintesi e non per analisi, tende a costruire più che a decostruire, che da sempre ha scartato ogni autoreferenzialità dell’arte a favore di un’immagine che diventasse ricettacolo del reale di una possibilità del reale. In tutti questi anni Cingolani ha continuato a dipingere proprio perché motivato dalle qualità intrinseche della pittura. Questa capacità di costruire l’illusione e di accostarla ad un reale che invece sembra sempre più fittizio, è proprio una della qualità specifiche della pittura. Qualunque sia la nostra cultura, le nostre capacità percettive, davanti ad un quadro cerchiamo sempre qualcos’altro, da una parte, in un altro tempo. Cingolani non ha segreti e non ci costringe ad uno scavo simbolico e mnemonico tra personaggi e cose raffigurate nei suoi quadri. È l’immagine del suo insieme, non uno tra gli istanti o un simbolo lasciato a caso, a fornirci il contenuto dell’opera. Così è proprio il fatto che la pittura permette di costruire l’illusione che, paradossalmente, la rende più efficace nello spogliarsi dal superfluo per andare diritto al dunque.